(Al centro della scena, su una poltrona, è seduto un uomo maturo. Nel corso del monologo, si alzerà, camminerà di qua e di là, sposterà la poltrona – con gran fracasso –, tornerà a sedersi.)
(Da seduto) Mi hanno colpito nei miei interessi, non da oggi e neanche da ieri, da parecchio – ma da oggi… un po’ di più… (quasi al rallentatore, continuando a parlare, si alza) E, dato che, come tutti quanti, credo seriamente che i miei interessi siano importanti… (ma chi lo dice? Io?)… (va verso la platea) insomma, adesso, sono incazzato, anzi, molto incazzato… (si ferma sul proscenio) Lo so che mi ripeto, se dico che… (grida) NE HO PIENI I COGLIONI! (allarga le braccia e si inarca all’indietro) MEGLIO MORIRE, CAZZO!… (abbassa la voce) Potrei far vomitare chiunque, elencando e evocando i supplizi che gradirei veder applicati a chi so io… (si mette a camminare su e giù per il proscenio) Certo, è il vecchio canovaccio del Canaro… fiamma ossidrica per cauterizzare e, quanto agli strumenti, rigorosamente di circostanza, largo alla fantasia… I temi? Dita, genitali, orecchie, ombelico, lingua, denti, occhi, arti… mm!…
02/26/2015
Aggiustare il mondo
Riflettere sulla condizione storica dell’uomo, cioè ragionare di politica, di scienza, d’arte, significa giocare al gioco di aggiustare il mondo. In questo senso, gli aggiustamenti oscillano fra due estremi: la riforma e la rivoluzione.
Tutto cambia se l’oggetto della riflessione è la filosofia, cioè il discorso, volenti o nolenti, intorno al concetto di verità.
Oggi, però, la verità è questa: che la verità è inutile e fa male, in rapporto a ogni prospettiva di aggiustamento del mondo.
Delle due opzioni estreme, allora, la rivoluzione è la più obsoleta per il suo attaccamento al concetto di verità. Viceversa, il riformismo è più lasco e dunque più confacente allo scopo.